Quella mattina ci svegliammo presto perché prima di partire era nostra intenzione prendere un pizzico di sole in spiaggia, ma soprattutto fare un’abbondante colazione in quanto nessuno sapeva quando sarebbe arrivata la “pausa pranzo”…
Un paio di foto al furgoncino e impostata la radio sul CD di Bob Marley, finalmente si parte….
Dopo qualche chilometro ci accorgemmo subito di come era cambiato il panorama, da un contesto prettamente turistico a quello più reale che rifletteva effettivamente quella che era la vita in Giamaica.
D’accordo con Gianni, il nostro autista nonché guida turistica, per prima cosa visitammo quella che lui definiva la sua piantagione (ovviamente lascio immaginare a voi di cosa). Questa restava un po’ sperduta in mezzo alle colline e dopo una prima fase di panico (quando il fratello di Gianni estrasse il machete che gli serviva per farsi largo in mezzo alle canne da zucchero che circondavano la piantagione) arrivò lo stupore e la meraviglia per lo spettacolo che si presentava ai nostri occhi: piante alte come noi che emanavano un profumo “inebriante” (per quelli che ne sentivano l’effetto).
Sotto il vigile sguardo di Gianni e suo fratello, ci avvicinammo ad ammirare le piante e a fare qualche foto ricordo. Ritornati al pulmino, il fratello di Gianni (non ricordo il nome) ci offrì una dolcissima canna da zucchero che dissetò tutti noi prima di riprendere il viaggio verso le cascate.
Il tragitto alle cascate durò quasi un’ora e mezza, passammo in mezzo a dei paesini molto carini e caratteristici, ovviamente la povertà imperava con case (anche se a volte era meglio definirle capanne) abbastanza fatiscenti, ma la gente pareva non dare importanza a tutto questo, come se per loro ci fosse qualcosa di più nella loro vita… A contrapporsi a quelle case lungo il tragitto potemmo vedere anche ville bellissime, con uno stile che definirei inglese: giardino molto ben curato con un prato che faceva quasi invidia a quello dei campi da golf e la casa che vi stava nel mezzo, con tratti architetturali tipicamente inglesi.
Diario dalla terra di Bob (parte 3 – l’escursione)
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